Con il termine micosi si intende un gruppo di malattie contagiose causato da funghi. I funghi vengono suddivisi, fondamentalmente, in 3 categorie:
Il contagio avviene attraverso persone già infette, animali portatori e oggetti di uso comune. Anche piccoli traumi o grattamento possono favorire la diffusione. La manifestazione clinica dipende dalla sede colpita; comporta solitamente la presenza di lesioni circolari con orlo desquamante sul corpo, perdita di capelli in chiazze al cuoio capelluto ed alterazioni del colore e della forma quando ad essere colpite sono le unghie. La terapia per le micosi si avvale di farmaci per uso locale, come creme o soluzioni, e di farmaci per uso orale. Per quanto riguarda i lieviti e le muffe, le infezioni più importanti sono la pitiriasi versicolor e la candidosi del cavo orale (mughetto) o delle pieghe cutanee. La pitiriasi versicolor è frequente. Si manifesta, soprattutto al tronco e al collo, con chiazze, di varia forma e dimensione, color camoscio o rosate con fine desquamazione. Tali chiazze tendono a diventare più chiare o, addirittura, quasi bianche con l'esposizione al sole e l'abbronzatura. Queste chiazze bianche possono persistere anche dopo la terapia e regrediscono solitamente dopo una successiva esposizione solare. La terapia locale risulta efficace, anche se, spesso, nei casi più resistenti, si rende necessaria una terapia sistemica. La candidosi del cavo orale (mughetto) è tipica dei bambini, anche lattanti, con scarse difese immunitarie. Si presenta con rossori e materiale biancastro al cavo orale, con conseguente bruciore e dolore che provoca insofferenza al bimbo. La terapia prevede antimicotici locali in gel e , nei casi più gravi o diffusi, la terapia sistemica per bocca. Le micosi rappresentano, quindi, un insieme di problematiche che il paziente o i genitori del bambino non devono affrontare con la risoluzione "fai da te" o per sentito dire, ma che necessitano l'intervento di un Medico esperto in tali patologie. AutoreDott. Marco Gatti
Medico Chirurgo Specialista in Dermatologia e Venereologia
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Il trauma psicologico (etimologicamente, dal greco "ferita dell’anima"), può essere concettualizzato come un’esperienza che ha un impatto emotivo così intenso e negativo sulla persona che lo vive da impedirgli di continuare a vivere ed essere come prima. Esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita e si distinguono i traumi con la T maiuscola da quelli con la t minuscola. Mentre i primi sono legati ad eventi di grande portata e da stress estremo che minacciano l’integrità fisica della persona o dei suoi cari (incidenti, lutti, disastri naturali, diagnosi infauste, abusi..), i secondi comprendono tutte quelle esperienze soggettivamente disturbanti, stressanti dal punto di vista emotivo-relazionale, che, pur non comportando un rischio per la vita della persona, ne disorganizzano in maniera disadattiva il funzionamento, condizionando in modo importante la vita e causando significativo disagio e sofferenza (es. umiliazioni, abbandoni, trascuratezze emotive, separazioni, mobbing..). L'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un metodo terapeutico strutturato riconosciuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quale trattamento elettivo nella cura del trauma, validato da numerose ricerche e pubblicazioni più di qualunque altra psicoterapia. L'EMDR lavora sulle capacità innate che ha il cervello di elaborare lo stress e le sue conseguenze, focalizzandosi sul ricordo dell’esperienza traumatica o esperienze traumatiche che hanno contribuito a sviluppare il disagio che presenta la persona, desensibilizzandolo, integrandolo e riorganizzandolo in modo adattivo e funzionale nella memoria attraverso la stimolazione bilaterale alternata dei due emisferi cerebrali (movimenti oculari guidati/tamburellamenti). Durante una seduta EMDR è il ricordo traumatico ad essere trattato terapeuticamente: l'elaborazione adattiva dell'esperienza traumatica fa sì che la persona prenda distanza emotiva dal ricordo sentendo che fa veramente parte del passato, e modifichi le sensazioni negative ad esso associate e le valutazioni cognitive disfunzionali di sè. AutoreDott.ssa Lorena Riva Questo titolo, seppur curioso, ci racconta una realtà quotidiana poco conosciuta ma frequentissima. Gli uomini di una certa età mostrano una tenacissima reticenza a farsi visitare dall’urologo, soprattutto per problematiche correlate ad una minzione non più efficiente. L'urologo durante la visita, alla domanda: “Perché è venuto qui oggi?”, si sente spesso rispondere: “Perché me l’ha detto il mio medico” e se dopo questa sorprendente risposta insiste chiedendo: “Ma ha dei disturbi?”, il paziente replica: “Mia moglie dice che urino male!”. Da questo momento, il medico comincia a capire qualcosa e ad intraprendere un colloquio costruttivo con il paziente. L’ipertrofia prostatica è una patologia con un andamento lento e progressivo, al quale la maggior parte dei pazienti tende ad adattarsi, considerando normale la sintomatologia che nel corso del tempo si manifesta, pensando che sia semplicemente un fattore legato al fisiologico progredire dell’età o, addirittura, non accorgendosene del tutto. Anche dal punto di vista psicologico vi è una sorta di negazione di questa condizione, per il suo collegamento ad un inevitabile senso di invecchiamento che essa comporta. Questa patologia, molto nota e diffusa, è causata da un ingrandimento più o meno considerevole del volume della ghiandola prostatica, associato ad un’ostruzione del flusso urinario. Le donne giocano un ruolo fondamentale nel portare il loro compagno di fronte al medico: si accorgono che durante la giornata, egli va ad urinare molto più di frequente oppure trovano la biancheria intima macchiata. Sviluppano anch'esse un peggioramento della qualità di vita: il marito si alza la notte per urinare, interrompendo il sonno di entrambi, con una frequenza crescente nel tempo. Quando la coppia è fuori casa, il percorso da compiere dovrà essere sempre condizionato dalla presenza di locali con bagno a disposizione per poter fare “una tappa”. Quando, finalmente, l’insistere della signora porterà il suo compagno di fronte all’urologo per affrontare il problema, è indispensabile che lei lo segua, perché la prima reazione dell’uomo sarà quella di minimizzare ogni risposta alle domande del medico. La presenza della moglie incuterà il “giusto timore” al marito che risponderà in modo sincero ed obiettivo ed, in caso di mancanze, la signora interverrà a correggerlo, permettendo di poter impostare una giusta terapia. È comune osservazione di qualunque medico, che la presenza delle donne al fianco di un paziente è un fattore importante e necessario, non solo per i motivi già elencati. Qualunque uomo, soprattutto di una certa età, di fronte ad un medico che gli pone delle domande, banalmente sulla terapia assunta, "Che pastiglie prende a casa?", chiede di poter far entrare la moglie che lo sta aspettando fuori. Dopo una visita andata a buon fine, anche grazie all’ausilio della moglie del paziente, conclusasi con la prescrizione di una terapia, sarà la signora stessa a vigilare sull’assunzione dei farmaci e sull’esecuzione di eventuali esami richiesti dallo specialista. Nelle visite di controllo urologico, sarà sempre la signora a confermare che il marito abbia effettivamente seguito le prescrizioni del medico e se vi è stato un reale miglioramento nel tempo. La qualità di vita è il fattore maggiormente alterato dall’ipertrofia prostatica benigna. Vanno considerate, comunque, le gravi conseguenze a lungo termine di una situazione non trattata e lasciata progredire: esempio sono l’insufficienza renale e la ritenzione totale di urina. Nella maggior parte dei casi, è sufficiente una terapia medica quotidiana per risolvere la sintomatologia e controllare la progressione della malattia. Il fatto che il paziente entri in un percorso di diagnosi e successivi controlli è fondamentale, così come il supporto che egli deve avere nel corso del tempo, da parte dell'urologo.... e della sua Signora! AutoreDr. Gianluca Ricci
Specialista in Urologia I nevi ( oppure "nei ) melanocitari rappresentano lesioni benigne formate da melanociti, le cellule responsabili della pigmentazione della pelle. La maggior parte delle persone presenta un certo numero di nei cutanei comparsi durante la crescita. Tuttavia, alcuni nei possono essere riscontrati già alla nascita, essi vengono definiti nevi congeniti, altri possono apparire durante l'età adulta. Esistono numerose tipologie di nevi, che possono variare per forma ( piatti, verrucosi, peduncolati, soffici ... ) e per colore ( marrone, nero, rosa, blu ... ), e nella maggior parte dei casi costituiscono lesioni benigne ed innocue, che non necessitano di alcun trattamento. Il melanoma è una neoplasia maligna che può insorgere su cute sana o su di un neo melanocitico acquisito, congenito, preesistente o in contiguità con essi. I sintomi del melanoma sono praticamente assenti o poco apparenti e, comunque, tardivi. Sono presenti in stadiazione già avanzata. L'incidenza del melanoma è in costante aumento in tutto il mondo, ed è al terzo posto per numero di nuovi casi nella fascia di età più giovane ( meno di 45 anni ); in particolare, in Italia, questa neoplasia ha un'incidenza di oltre 7000 casi all'anno. Il rischio di sviluppare un melanoma è strettamente dipendente dall'interazione tra fattori ambientali, fattori genetici e costituzionali propri di ogni individuo. I fattori esterni più significativi sono l'esposizione solare e la fotoprotezione. I fattori genetico-costituzionali sono rappresentati dal fototipo ( colore della pelle, dei capelli e degli occhi, sensibilità all'esposizione solare ), il numero e la tipologia dei nevi, la familiarità per tumori cutanei o una pregressa storia personale di melanoma. Il melanoma rappresenta attualmente una delle neoplasie più aggressive in caso di diagnosi tardiva, motivo per cui negli anni sono state introdotte metodiche sempre più evolute per la diagnosi precoce di questo tumore. La Videodermatoscopia Digitale Computerizzata rappresenta la tecnica più moderna per la diagnosi precoce del melanoma. Si tratta di una metodica diagnostica non invasiva e non dolorosa, che consente di valutare i nevi non solo nel loro aspetto esteriore ( morfologia, caratteristiche cromatiche, dimensione ... ), ma anche di poterne valutare caratteristiche strutturali, che ad occhio nudo non sarebbero visibili; peculiarità fondamentali per discernere tra un comune nevo ed un melanoma. Il videodermatoscopio, infatti, è uno strumento che consente di acquisire ed ingrandire immagini fino a cento volte le dimensioni reali, con la possibilità di visualizzare con precisione anche le strutture più profonde dei nevi. La metodica si basa sull'utilizzo di una microtelecamera digitale a colori ad altissima definizione collegata ad un computer dotato di un particolare software, che permette una "mappatura" dei nevi atipici e ne memorizza le immagini in un archivio computerizzato. Così facendo, si potrà eseguire un confronto clinico estremamente preciso nelle visite successive ed apprezzare ogni eventuale minimo cambiamento. Tale tecnica permette, nelle mani di un dermatologo esperto, di aumentare enormemente la sensibilità diagnostica del melanoma rispetto al semplice esame clinico, riducendo in tal modo il numero di asportazioni chirurgiche non necessarie. Nell'ambulatorio medico la visita prevede un'acquisizione fotografica di immagini panoramiche del corpo, su cui successivamente verranno "mappati" eventuali nevi atipici o nevi irregolari per i quali si renda necessario un monitoraggio nel tempo. Ogni nevo avrà una sua precisa localizzazione e la memorizzazione digitale della foto permetterà di effettuare, nel corso di controlli regolari, un confronto obiettivo tra le caratteristiche riscontrate in passato e quelle attuali. In caso di riscontro di nevi atipici, l'asportazione chirurgica con esame istologico costituisce la metodica fondamentale per la diagnosi e la terapia. Il FotoFinder Dermoscope Vexia con telecamera Medicam 1000, in uso presso lo Studio Medico Donadini, rappresenta il nuovo punto di riferimento per la dermatoscopia e la videodermatoscopia delle lesioni melanocitarie. La migliore terapia è la diagnosi precoce. AutoreDr. Vincenzo Grasso
Specialista in Dermatologia e Venereologia La pediculosi è un'infestazione del cuoio capelluto provocata dal Pediculus humanus capitis, un artropode, comunemente chiamato "pidocchio". Essa si manifesta tramite prurito del capo e formazione di piccoli ponfi da puntura nelle zone del collo e delle orecchie. I pidocchi presentano un ciclo vitale ben definito: le femmine depongono le proprie uova ( lendini ) incollandole saldamente al fusto dei capelli tramite la propria saliva. L'incubazione delle uova dura circa una settimana. La trasmissione avviene per contatto diretto con i soggetti infestati. Non esiste correlazione stretta tra la pediculosi, l'igiene personale e lo stato di pulizia degli ambienti frequentati. Non esiste la possibilità di contagio da parte di animali, poiché questo parassita predilige l'infestazione umana. Tutte le persone possono essere colpite e diventare, dunque, vettori della malattia. Nel caso in cui, nella stessa famiglia o piccolo gruppo di individui o , addirittura, classe scolastica, si sia verificato un contagio, è buona norma eseguire una profilassi di eradicazione dai pidocchi, anche se il singolo individuo "sembra" non essere stato colpito. Esistono shampoo e spray privi di alcuna tossicità sull'uomo che possono essere utilizzati con tranquillità, anche dai più piccoli. Non è necessario il taglio dei capelli. Non esistono misure preventive per evitare l'attecchimento del parassita sull'individuo. AutoreDr.ssa Federica Donadini
Specialista in Dermatologia e Venereologia I tumori della pelle vengono classificati in base alle cellule dalle quali derivano. Il Carcinoma Basocellulare, o Basalioma, è un tumore maligno della cute che origina dalle cellule basali, nello strato più profondo dell'epidermide. E' considerato il tumore maligno cutaneo più diffuso nella popolazione. Affligge prevalentemente la popolazione di razza caucasica, con una predilezione per gli uomini adulti o anziani, di carnagione chiara. Una prolungata o scorretta fotoesposizione nel corso della vita è un fattore di rischio per la formazione di questo tipo di tumore. Per questo motivo, le zone che più prediligono la formazione dei basaliomi sono quelle fotoesposte: il viso, le spalle, il collo ed il dorso sono le aree d'elezione per questo tipo di tumore. Nella Nostra esperienza, il viso risulta essere la zona maggiormente colpita. Il basalioma, fortunatamente, presenta scarsissima, se non remota, possibilità di sviluppare metastasi. La terapia da seguire per la cura dei basaliomi è di tipo locale (es. crioterapia) o chirurgica. Soprattutto nei soggetti più giovani o nelle lesioni di maggiori dimensioni è preferibile affidarsi al trattamento chirurgico. Essendo il basalioma una lesione che predilige la sua comparsa in zone esteticamente complesse (il viso), la terapia chirurgica deve essere mirata e sapiente, volta a perseguire due capisaldi:
Un basalioma non trattato andrà in contro ad espansione sia radiale che profonda, dando dei risultati deturpanti ed, alla lunga, portando alla perdita delle funzionalità degli organi interessati o risultando fatale. AutoreDr. Antonio Donadini
Specialista in Dermatologia e Venereologia Le verruche virali sono uno dei principali motivi di accesso agli ambulatori dermatologici: si tratta di neoformazioni che possono colpire ogni distretto cutaneo ed essere sia palpabili e rilevate sia incassate nella pelle (specialmente in sede plantare), solitamente di colore simile alla cute circostante, oppure punteggiate di nero per via di microemorragie al loro interno e con superficie irregolare e ruvida (ipercheratosi). Le verruche sono dovute all'infezione locale da Papillomavirus, un virus molto diffuso in qualunque ambiente frequentato dagli esseri umani, che si trasmette per contatto (diretto o indiretto) e che penetra più facilmente alla base dell’epidermide in corrispondenza di dermatiti, macerazioni o lesioni cutanee. In condizioni favorevoli e in individui predisposti il virus fa moltiplicare le cellule infette fino a dare luogo alla verruca visibile. Specialmente in alcuni suoi ceppi più "aggressivi", il virus può poi diffondersi localmente e dare luogo a verruche anche multiple, distanti o ravvicinate (a mosaico). Per trattare le verruche si possono scegliere diversi approcci, tutti aventi lo scopo di distruggere le cellule infette: la CRIOTERAPIA, tra questi, è tuttora uno dei metodi più utilizzati ed efficaci e consiste nell’applicazione, con o senza preventiva rimozione (curettage) del “callo” ipercheratosico che ricopre la verruca, di azoto liquido per alcune decine di secondi (tramite contatto con batuffolo imbevuto oppure tramite nebulizzazione spray). L’azoto liquido, con la sua temperatura prossima ai 200 gradi sotto lo zero, causa un temporaneo congelamento della verruca, con conseguente danno alle cellule contenenti il virus. La procedura, rapida nello svolgimento e pressoché priva di controindicazioni, non richiede anestesia locale e causa un bruciore locale e lo sbiancamento della lesione durante lo svolgimento, mentre nelle ore successive determina invece lo sviluppo di una variabile reazione infiammatoria e dolenzia (paragonabile ad una ustione superficiale) con conseguente arrossamento ed anche eventuale normale sviluppo di bolla contenente liquido di colore variabile (incolore/giallastro/rosso-violaceo). L’intero processo, comprese le sue conseguenze appena descritte che normalmente si risolvono completamente in pochi giorni, determinano, nel tempo, la guarigione della verruca: è normale che siano necessarie più sedute per l’eradicazione completa, specialmente in sedi specifiche come quella plantare. La gestione, una volta a casa, degli esiti della crioterapia è piuttosto semplice e si limita all’eventuale utilizzo di antisettici locali per evitare sovrainfezioni. In caso di bolla ben evidente e tesa, è possibile, disinfettando la parte prima e dopo, svuotarla con un ago sterile, lasciando integro però il più possibile il “tetto” della bolla, che fungerà da protezione naturale. Una volta guarita la verruca, sarà possibile un piccolo esito cicatriziale, a volte invisibile, a volte lievemente iper- o ipo-pigmentato. AutoreDr. Giambattista Manna
Specialista in Dermatologia e Venereologia Siamo abituati a considerare l'urologo come uno specialista che si occupa di patologie riguardanti esclusivamente l'ambito maschile: infatti si ritiene che per un uomo sia l'urologo a doversi occupare delle patologie del tratto genito-urinario, mentre tale compito per la donna deve essere assolto dalla figura professionale del ginecologo. Questo concetto è vero solo in parte: il ginecologo si occupa delle problematiche femminili riguardanti l'ambito genitale, mentre tutte le patologie dell'apparato urinario femminile sono di pertinenza dell'urologia. Vediamo, dunque, quando una donna può aver bisogno di uno specialista urologo. Innanzitutto, come per l'uomo, anche nella donna una patologia estremamente frequente è la CALCOLOSI URINARIA. Rappresenta circa il 20% delle cause di accesso al Pronto Soccorso ed ha un importante impatto sulla popolazione generale. La sintomatologia tipica è quella della COLICA RENALE, con comparsa di intenso dolore in sede lombare, irradiato anteriormente verso i genitali esterni. Talvolta calcoli anche di ragguardevoli dimensioni possono causare solamente un senso di peso o possono essere asintomatici. Anche le malattie neoplastiche dell'albero urinario possono, ovviamente, riguardare il sesso femminile: TUMORE del RENE, del SISTEMA PIELO-URETERALE e della VESCICA colpiscono oggi le donne con una percentuale quasi uguale agli uomini, diversamente da quanto accadeva in passato, ove per svariati motivi erano gli uomini ad avere un triste primato. Esistono, poi, condizioni patologiche che riguardano principalmente il sesso femminile: citiamo le più significative. L'INCONTINENZA URINARIA colpisce un numero ragguardevole di donne ed è un problema estremamente sottovalutato ed ancor poco conosciuto. L'intimità del problema e l'impatto sociale che ne deriva fa si che esso diventi motivo di vergogna e che le donne siano reticenti a parlarne con il proprio curante, subendo passivamente la cosa ed assumendola come una situazione quasi "normale" che si verifica con l'età. L'emancipazione femminile ha fatto sì che le donne abbiano acquisito totale coscienza di sé e del proprio corpo e, avendo maggior rispetto per la propria femminilità, abbiano deciso di parlarne al proprio medico e di rivolgersi allo specialista urologo. Plurimi sono i fattori di rischio che possono causare incontinenza urinaria. Alcuni sono facilmente intuibili: il numero di gravidanze, il sovrappeso, la menopausa con le sue alterazioni ormonali che portano ad un ridotto trofismo ed un conseguente indebolimento delle strutture di supporto della pelvi. Altri apparentemente meno legati come il fumo di sigaretta, l'elevato consumo di alcool, la stipsi e le malattie respiratorie croniche. Esistono due principali tipi di incontinenza: quella da sforzo, dove la perdita di urina è causata da un improvviso aumento di pressione addominale che "schiaccia" la vescica, come ad esempio un violento colpo di tosse, uno starnuto, una risata o un peso sollevato, e l'incontinenza da urgenza, spesso legata a condizioni neurologiche o infiammatorie della vescica, dove non si riesce a contenere un fortissimo stimolo minzionale sino a raggiungere un bagno e si verifica l'involontaria perdita di urina. Il medico urologo, di fronte ad una paziente che riferisce questi tipi di sintomatologia dovrà saper indirizzare a diversi accertamenti specialistici per poter impostare un iter terapeutico adeguato, che può andare da un ciclo di fisiokinesiterapia del piano perineale, ad una terapia farmacologica, sino, in alcuni casi, ad un intervento chirurgico. Le pazienti trattate ottengono buoni risultati ed il miglioramento della qualità della vita ottenuto motiva le difficoltà nel superare l'ostacolo psicologico e l'imbarazzo nel rivolgersi ad uno specialista. Le pazienti riferiscono di poter vivere serenamente, senza aver paura di esser fuori casa o lontane da un bagno e senza temere di aver odori sgradevoli: quanto detto deve essere un monito a vincere i propri timori e riappropriarsi della propria serenità e sicurezza. AutoreDr. Gianluca Ricci
Specialista in Urologia La Fototerapia è un trattamento medico basato sull'impiego di apparecchiature in grado di produrre artificialmente i raggi ultravioletti (UV), simulando in questo modo l'azione benefica del sole. Nel corso degli anni sono stati effettuati numerosi studi che hanno evidenziato come l'impiego di questa terapia in campo dermatologico, per il trattamento di determinate patologie, abbia portato ottimi risultati clinici e abbia migliorato la qualità di vita dei Pazienti. I raggi utilizzati sono gli UVA e gli UVB a banda stretta (narrow-band, NB). In particolari modo, gli UVB a banda stretta sono quelli più ampiamente utilizzati in quanto hanno il pregio di non penetrare in profondità nella cute, ma di fermare la loro azione agli strati superficiali della pelle, fornendo così la massima dose di radiazioni efficaci e la minima dose di radiazioni dannose. L'utilizzo della Fototerapia è indicata nei confronti di:
AutoreDr.ssa Valentina Premoli
Se per una donna è cosa naturale farsi seguire regolarmente dal ginecologo, sin dalla giovane età, nella nostra cultura un controllo dall'urologo è considerato ancora tabù, cosa di quale vergognarsi, per le tematiche prese in esame. Da quando, nel nostro Paese, la leva militare obbligatoria e la sua "temuta" visita non sono più presenti, molte patologie urologiche ed andrologiche sfuggono all'attenzione del personale sanitario e molte condizioni particolari vengono considerate normali da persone che non hanno possibilità di confronto. Per questi motivi, due sono i momenti della vita di un uomo in cui sarebbe raccomandato un consulto urologico, anche in assenza di disturbi manifesti: - l'adolescenza, per indagare situazioni congenite come fimosi, ipospadia, alterazioni del trofismo delle gonadi, oppure per cercare condizioni acquisite, per esempio, il varicocele. - verso i 50 anni, per inquadrare un eventuale ingrandimento della prostata (ipertrofia prostatica benigna) o per un controllo del PSA, indicatore di patologia prostatica aspecifico, che, se alterato, può portare ad ulteriori accertamenti. In ogni modo, qualsiasi sia la causa che vi porti a consultare un urologo, questa esperienza va vissuta con serenità, senza lasciarsi influenzare da preconcetti errati, piuttosto rendendolo un momento di confronto, fonte di chiarimenti per ogni dubbio e punto di riferimento. AutoreDr. Gianluca Ricci
Specialista in Urologia |
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